Lanaro Granfondo
12^ edizione
Domenica 20 gennaio 2013
….ribattezzata “Lanaro
Granfango”, visto e considerato l’ esagerata presenza di questo elemento, con
passaggi degni della prova di ammissione nei Rangers, in Cambogia, lungo il Fiume Mekong.
Sabato pomeriggio ritiro il
pettorale per me e per Davide,
con il quale ho appuntamento alle 8:30 di Domenica, sotto casa.
C’è fila per il ritiro, mista di trailers
e bikers, una cinquantina di persone, e ci sono due gocce di pioggia.
Aspettiamo tutti pazientemente,
senza accennare segni di nervosismo, ed il mio pensiero va veloce a quando la
fila devi farla davanti a qualche ufficio pubblico, o magari al Bancomat,
oppure in altre occasioni, di certo meno piacevoli di questa.
Quelle volte ci si ammassa,
volano parole grosse ed è inevitabile litigare con i soliti furbi che vogliono
passarti davanti.
Qua invece, quattro e mezza del
pomeriggio, imbrunire, umidità, un accenno di pioggia, ma nessuno sbraita.
In ordine sparso, non un parvenza
di fila incolonnata, nessuno che spinge, ognuno, rispettoso dell’altro, sta al
suo posto ed avanza solo quando deve farlo.
Non un ombrello aperto, non devi
schivare le stecche di quello davanti a te che quasi ti entrano negli occhi e
non devi spostarti perché le gocce d’acqua di quello dietro ti scendono giù per
il collo.
Tutti girati, per vedersi di
faccia e parlare sorridendo, senza curarsi se il proprio turno verrà
rispettato: che siano un po’ speciali, gli sportivi??
Io voglio ancora crederlo, quella
dello sport (quello vero, praticato, non quello da divano) è una delle poche
oasi rimaste.
Domenica alla partenza non fa
freddo, ci sono circa sei gradi, e sembra scongiurato il rischio di dover
correre nella bufera.
Almeno per il momento.
Mi sembra di essermi vestito
“giusto”, un primo strato tecnico aderente (anche troppo), maglia tecnica a
maniche lunghe, pantaloni a tre quarti, antivento, berretto e booster, che
comincio ad apprezzare sempre più.
Ieri là in fila, mentre parlavo
con Davide, trailer genovese, triestino d’adozione, che ho conosciuto sul momento, stavo un po’ riconsiderando la mia
partecipazione a questa gara.
“Ieri gò fato la ciclabile in
bici, xè neve zà a Pese” (sono stato ieri sulla ciclabile, già a Pese c’è
neve); “Mi iero in circuito a Basoviza, xè tuto un ploc” (sono stato a Basovizza,
è pieno di fango); “Son ‘ndà l’altroieri sul Lanaro, xè cinquanta centimetri de
neve” (l'altroieri sul Monte Lanaro c' erano cinquanta centimetri di neve).
Questi erano i commenti che
giravano, e pensando al mio stato di non-forma, ai soli 38 chilometri percorsi
in tutto il mese di dicembre, ai 20 di gennaio….a quanto faticoso sia correre
sul fondo pesante, valutando il passaggio per un pelo al cancello dell'anno
scorso (ed ero discretamente allenato), al fatto che l’abbiano allungata di
tre chilometri….ma non è che forse sto facendo la prima caxxata sportiva del
2013 ??
Comunque parto, tra mille
ripensamenti: e che saranno mai 33 chilometri e 800 metri di dislivello
positivo ?!?!
Arrivare a Mezzogiorno al
cancello sa un pò di “missione impossibile”, sarebbe un vero sogno riuscirci; metto
quindi in conto che potrei dovermi ritirare, prima o dopo il cancello.
Rimango con gli ultimi, non ho di
certo una tabella di marcia da rispettare; tuttavia, nei giorni scorsi, mentre
mi studiavo il tracciato, leggermente modificato nella sua seconda metà, ho calcolato che con un ritmo massimo di 7’/Km arriverei a Zolla di Monrupino, al
cancello, alle 12:00.
In teoria dovrebbe essere abbastanza
facile, proviamoci !!
Inizio a 6’ 30”/Km, passo che
mantengo per tre chilometri.
Quasi senza rendermene conto sto
però procedendo in modo non lineare, cercando a terra i tratti di ghiaino, per
evitare i mucchietti di neve ghiacciata che cominciano ad apparire.
Qualche schizzo di neve sciolta
comincia ad arrivare sulla tomaia delle scarpe ed avverto il freddo sulla parte
superiore dei piedi.
Al quarto chilometro sono già
oltre i 7’/Km, al quinto, al termine della Val Rosandra, addirittura oltre gli
8’/Km.
Fin qui una leggera e costante
ascesa, ma ora inizia il primo vero impegno: la salita di circa un chilometro
che porta a Pese, pendenza media del 13%.
Non si riesce ad evitare l’acqua
che scorre veloce e che trasforma in pantano l’intero sentiero, i piedi
sprofondano diventando improvvisamente fradici, completamente zuppi di acqua
ghiacciata….bene, adesso non serve più preoccuparsi di evitare i tratti bagnati
per rimanere asciutto, un pensiero in meno.
Inizia anche a piovere un po’.
Sono a 480 metri di quota, da qua
in poi ci sono 8,5 Km di falsopiano, salendo i 470 metri del Monte dei Pini, e
poi giù fino quasi al ventesimo chilometro, per raggiungere il punto di ristoro a quota 310 metri.
Al quattordicesimo chilometro
raggiungo un gruppo intento in un ristoro “privato”, una decina di persone, che
mentre passo salutando mi offre del cioccolato: “Grazie, molto gentili, ma non
posso fermarmi, la mia prestazione ne risentirebbe….” - ironizzo.
Il gruppetto riparte praticamente
mentre arrivo io e procediamo insieme per un paio di chilometri.
Sul tratto in discesa riesco a
distanziarli, le discese sono davvero il mio forte, ma mi raggiungono appena il
sentiero si inasprisce un po’.
Ci si ritrova tutti assieme al
ristoro, con panettone e the (quasi) caldo.
Fin qua ho impiegato due ore e
trentacinque, al ritmo medio di 7’ 52”/Km, decisamente oltre al limite che mi
consentirebbe di passare il cancello; infatti sono le 11:50 e mancano quattro
chilometri abbondanti…nemmeno volando…ma l’avevo già messo in preventivo.
Mentre mestamente sorseggio il the,
annegando la tristezza del mio primo ritiro nella dolcezza del panettone,
qualcuno nel gruppo chiede quanto manca al cancello.
“Non ce la facciamo” – dichiaro
io, cupo – “mancano dieci minuti….”
“Non preoccupatevi” – rilancia il
ragazzo del ristoro.
“Abbiamo tenuto conto delle
condizioni ambientali ed abbiamo spostato il cancello di mezz’ora, ce la fate
!!”
Ma che bel regalo !! Avanti così !!
Arriva il ventesimo chilometro,
la distanza massima percorsa per me negli ultimi mesi, esattamente due settimane fa:
per trovare una distanza superiore devo andare indietro fino ad Aprile 2012….
Eh sì, la mancanza di allenamento
si sente, sono già discretamente stanco.
Dopo un paio di chilometri arrivo
alla strada che conduce a Zolla, una lingua d’asfalto di due chilometri in
costante salita che prova davvero la testa, oltre che il fisico.
La pioggia va e viene, ma adesso
inizia a piovere sul serio e me la becco tutta, all’aperto, senza un albero
sotto al quale nemmeno passare.
“L’incubo d’asfalto” finalmente
finisce e alle 12:25 scollino, salutato da una voce senza volto che esce da un
cappuccio giallo, sopra un poncho impermeabile ugualmente giallo, reso lucido dalla pioggia.
Ragazzi, che stanchezza !!
Dopo circa un chilometro, ad un
improvvisato quanto provvidenziale ristoro, due giovani mi offrono del the (questa
volta un po’ più tiepido….):
“Se finisci questa puoi farti
anche la Marathon
des sables !!” – mi fa porgendomi il bicchiere.
“Non fa per me, troppo caldo.
Comunque, già che mi stuzzichi, ci penso….”
Altro che caldo, qua comincio a
sentire freddo, sono fradicio e durante i due chilometri di salita,
rigorosamente al passo, ho ceduto tanta temperatura.
Intanto non smette di piovere,
anzi, ogni tanto arriva uno scroscio più forte; ma fra un po’ si rientra finalmente tra i
boschi, almeno potrò ripararmi un po’.
Al ventiseiesimo chilometro manco
una svolta, ma per fortuna me ne accorgo già dopo un centinaio di metri: stavo
infatti aspettando un cambio di direzione, il mio senso di orientamento mi
comunicava una svolta a destra, verso nord, viceversa mi sarei trovato fuori
zona.
Ormai da un chilometro è
ricominciata la salita, decisa, e così sarà fino al traguardo.
Sento sempre di più la
stanchezza, perché è sempre più forte la sensazione di freddo che provo,
camminando in salita non riesco a scaldarmi.
Ho le mani colorate di un rosso
vivo, ghiacciate (e mi sembrano anche un po’ gonfie….).
Ricordo di avere con me i guanti,
nella tasca interna dell’antivento, e faccio per prenderli; no, inutile
indossarli, sembrano due spugne zuppe.
Mi accorgo della bottiglietta
d’acqua nella quale stamattina ho sciolto l’integratore, me ne stavo quasi
dimenticando. Avevo ritardato di bere per lasciarmene di più verso la fine, ben
sapendo che se fossi riuscito a passare il cancello ne avrei avuto bisogno.
Bevo camminando, schivando le
pozzanghere, tanto ormai il tempo non importa più, ma voglio comunque arrivare
alla fine.
Tiro fuori il cellulare per
comunicare a casa che non vengano a prendermi, non voglio che prendano tutto
questo freddo.
Con il confine a poche decine di
metri di distanza, il roaming imperante e la batteria al 2% di carica
(ho scoperto che il freddo la fa scaricare….) riesco a malapena a mandare un
SMS, digitando a fatica sui tasti “state a casa, troverò un passaggio”.
Salita, stanchezza, fango,
acqua….devo spesso fermarmi, le pulsazioni aumentano vertiginosamente….il
Garmin segna 26 Km e 70; 26 e 90; 27 e 20….questo tratto nel bosco è
interminabile, faticosissimo.
E’ una parte del sentiero n° 3
che dovrei identificare abbastanza bene, ma che in questa stagione sembra così
diverso dal solito, irriconoscibile, mascherato dalla neve, a tratti nascosto
dalla nebbia.
Poco prima del ventottesimo
chilometro ci sono seicento metri di discesa, la manna dal cielo !!
Riaccenno una timida parvenza di
corsa, irrigidito dal freddo ed appesantito dalla fatica, ma dura poco, perché
la salita riappare, in tutta la sua durezza.
“Se qua all'incrocio prendo giù a sinistra, in un
quarto d’ora sono al parcheggio, magari trovo qualcuno che mi dà un
passaggio….beh, dopo quattro ore e due minuti in queste condizioni potrei anche
farlo….” – penso.
“NON ESISTE !!” – tuona lo
sportivo che c’è in me, facendomi girare la testa dall’altra parte.
Ancora cinque interminabili
chilometri, per fortuna su un terreno migliore, ma con ancora
fango, pioggia, nebbia e tanto freddo, acuito dal corpo ormai completamente bagnato e
dalla quota, che via via aumenta.
Incontro gente con il pettorale
che scende, con in mano il sacco con il cambio, lasciato alla partenza e
portato in cima dall’Organizzazione. E’ evidente che in queste condizioni è
inutile cambiarsi, perché a farsi i quattro chilometri fino al parcheggio ci si
sporcherebbe di nuovo.
Trentesimo chilometro, il Garmin
mi comunica che sono a tre chilometri dalla fine.
E’ sempre più dura, adesso faccio
fatica anche a mettere un piede davanti all’altro per camminare, a volte perdo
l’equilibrio.
Estraggo dal giubbotto una
barretta che si rivela dolciastra, mielosa e che fatico quasi a masticare a
causa del viso “anestetizzato” dal freddo, ma che mi farà senz’altro bene (93 Kcal): il
suo nome, “Fitness”, è sinonimo di garanzia (o di ironia ??).
Forza, ormai è fatta, ci sono,
vedo finalmente le tende sferzate dal forte vento !!
Alle 13:58 raggiungo l’arrivo, a
544 metri di quota, dopo 4 ore e 43 minuti dalla partenza.
Dalla prima tenda esce un “BRAVO
!!”
Realizzo che all’interno siede un
intirizzito cronometrista, davanti a due computer portatili, e mi apro la zip
dell’antivento per mostrare il pettorale ed ufficializzare così il mio arrivo.
Riconferma il “BRAVO !!”, anche se
io, sgomento, gli faccio notare che ho impiegato quasi un’ora più dell’anno
scorso e che magari sono stati più bravi quelli che oggi se ne sono rimasti a
letto, sotto il piumone.
“Quelli li hai già battuti alla partenza” – fa
lui – “così come hai battuto quelli che si sono ritirati e quelli che devono
ancora arrivare !!”
Incredulo lo ringrazio, più per
cortesia e per la fretta di entrare a ripararmi sotto l’altra tenda,
riscaldata, che per vera convinzione.
All’interno dei sei metri quadrati
altri, al pari mio, pazzoidi, tanti “eschimesi” attorno alla stufa, a mangiare
e bere, raggomitolati come gatti attorno al termosifone.
I tre panini, la birra e quella
manciata di gradi sopra lo zero mi rimettono in sesto, ma non so per quanto ancora
avrei potuto continuare.
A costo di autoincensarmi, devo
dire che in questa occasione mi sono proprio piaciuto, e, per dirla proprio
tutta, mi è piaciuta la tenacia e la determinazione con la quale ho portato a
termine la prova, a fronte anche della mancanza totale di allenamento.
In ogni caso il “BRAVI !!” va
anche a tutti gli altri che, al pari mio, hanno portato a termine quella che dalla stessa Organizzazione è
stata definita come la più dura delle edizioni finora svolte, non dimenticando gli sforzi organizzativi e
le fatiche dei volontari, con il Gruppo Vulkan all’altezza come sempre.
Cosa mi rimarrà di questa gara,
che è stata una prova “mentale” più che fisica ?
Una grandissima soddisfazione, un sentirsi “più forte” ed una rinnovata voglia di correre, ma soprattutto….
tantissima roba da lavare.