"La scuola di guerra della vita", Friedrich Nietzsche:

Quel che non mi uccide, mi rende più forte"

(Friedrich Nietzsche, Crepuscolo degli idoli, 1888)

"Se dopo aver accompagnato tuo figlio in palestra, aspettando seduto nello spogliatoio e pensando alla gara del giorno prima, con la calcolatrice del cellulare cominci a calcolare:

- a che passo avresti dovuto correre per arrivare cinque minuti prima;

- che tempo avresti fatto se ai 10 chilometri fossi arrivato ad una media inferiore di 5 secondi al chilometro;

- a che media affronterai la prossima gara volendo migliorare il tuo PB di almeno 10 minuti

allora le possibilità sono due: o sei un runner o sei cerebroleso, e non è detto che una escluda l'altra....”
(orzo)
....certo che noi runners siamo proprio strani....
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mercoledì 31 dicembre 2014

QUEL RAMO DEL LAGO....



….di Afritz, che avrebbe dovuto ispirarmi.

Pensavo che sarebbe stato il nuovo inizio, invogliato dalla frescura dei 600 metri di quota della località austriaca, consueta e piacevole metà del finesettimana estivo che quasi ogni anno mi concedo, per staccare la spina e respirare qualche ora di serenità e di spensieratezza.

E invece no, lo sblocco non c’è stato ed a questo simpatico intermezzo di cinque chilometri a passo da terza età non è seguito altro, eccettuata qualche corsetta domenicale in famiglia, giusto per non arrugginirsi troppo.

La testa continua a latitare e la corsa è passata in secondo piano anche se, non posso negarlo, il suo germe è sempre ben presente, e ciò mi conforta.

Vorrei rifare il Sentiero 3, ho un conto in sospeso con lui; vorrei correre di nuovo una Maratona, mi piacerebbe abbassare il mio tempo….ma dove la trovo la forza per tutti quei mesi di duro allenamento ?

Uscire ogni giorno, che faccia caldo o freddo, ugualmente….patire le pene dell’inferno per tutta la fatica che si deve sostenere….mi terrorizzano gli infortuni che sicuramente ci sarebbero, ne ho sofferto tanto….
Forse l’anno prossimo, chissà….


martedì 31 dicembre 2013


Domani riprendo….



domani vado….domani esco….domani, domani, domani….con loro che fiduciose aspettavano di essere calzate.
E’ stato questo il motivetto imperante per quasi dodici mesi, eccezion fatta per qualche uscita qua e là, compiuta più per spirito sportivo che per convinzione o per inseguire una fantomatica ed inverosimile preparazione.
E come me anche tanti altri amici runner sono rimasti fermi al palo, chi più chi meno, a giudicare anche dai loro blog, per lunghi periodi “chiusi per ferie”.

Per quanto mi riguarda, una grande parte in tutto questo l’ha avuta il pesante momento economico che, se proprio non vogliamo star tanto a guardar alle spese da sostenere per partecipare alle gare (benzina, mangiare, dormire, iscrizione, varie ed eventuali, per un totale medio di 200 € a gara) ed alle spese fisse annue (visita medica, quota associativa e scarpe, per altri 200-300 €), che già la dicono lunga, non lascia ben sperare per il futuro lavorativo e finanziario in genere .
L’amarezza regna sovrana, i pensieri viaggiano nell’ambito del negativo e tutto ciò, almeno per me, pregiudica la serenità che personalmente richiedo per indossare le scarpette e starmene un paio d’ore in giro; anche perché ad uscire da soli….ci si pensa addosso….
A giugno ho ripreso le vecchie abitudini ed ho avvicinato a questo mondo anche l’erede, con suo gran divertimento.



A metà luglio mi sono fatto “un po’ male”.


In modo stupido, semplicemente risalendo un ripido sentiero, con tanto di pesante zaino in spalla.
Appoggiato ad uno scalino roccioso, il piede di appoggio, dopo essere stato caricato con il peso mio e dello zaino, è scivolato, forse a causa del terriccio presente.
Invece di alzarmi stendendo la gamba, sono “atterrato” sulla tibia….
Ho avuto la prontezza di riflessi di rotolare leggermente di lato, evitando così di prendere il colpo in pieno e scongiurando la probabile frattura della tibia stessa.
Gran botta, 20 centimetri di pelle rialzata, poco sangue (la zona non è tanto vascolarizzata), ma per fortuna niente di rotto.
E’ stata però lunga a rientrare: appena dopo due mesi hanno iniziato a staccarsi le prime crosticine, con la pelle talmente delicata in quella zona che sanguinava solo a toccarla inavvertitamente; ed ancora adesso ho qualche parte non “guarita”….

Qualche giorno dopo la caduta la caviglia inizia a gonfiarsi, obbligandomi a stare per circa una settimana seduto con la gamba orizzontale; ad agosto ho provato a riprendere un po’, ma il dolore causato dal colpo si faceva sentire troppo.
Comunque con le temperature agostane non avrei combinato un granchè.
Da settembre contavo di riuscire ad accennare una pseudo-preparazione per la Maratona di Venezia, ma non riuscivo proprio a correre, come se la testa me lo vietasse.
Saltata Venezia, con la gamba al 90 % e senza ormai più programmi fissi, uscivo “per prendere aria”, senza combinare niente a livello di preparazione.

E poi, visto che le ho trovate per 50 Euro, mi son preso un paio di Enduro: non si sa mai….

L’anno è passato così, correndo talmente poco che non c’era nemmeno bisogno di annotare i chilometri percorsi.
Per l’anno prossimo ho in mente altre cose, forse si apriranno nuovi fronti, e, se così accadrà, la mia mente sarà ancora meno libera e la corsa, quantomeno quella seria, dovrà aspettare ancora un po’.
Intanto continuo a superare gli ostacoli, i muri, che la vita mi propone quotidianamente; qualcosa riuscirò comunque a fare.

mercoledì 30 ottobre 2013

Trail del Collio



1^ edizione
Domenica 7 aprile 2013

La patria del vino bianco ha tenuto a Battesimo l’edizione zero di questo bel Trail, che ha visto una massiccia partecipazione di trailers italiani e stranieri, per un totale di ben 1.200 iscritti.
Tre tracciati per tre diversi impegni: un mini-trail di 7 Km, un percorso da 11 Km con 300 m D+ ed un altro di 25 Km con 600 m D+.
Decido per la distanza lunga, anche se la mancanza totale di allenamento non mi permette di aspirare a chissacchè, e la “gara” che mi accingo ad iniziare sarà perciò ultimata (spero) rigorosamente a “ritmo panzetta”.
Approfitto dell’evento ed organizzo un’uscita in famiglia, buttando giù dal letto la truppa alla solita ora, tra mugugni e lamentele di chi all’aria fresca del mattino preferirebbe continuare con il tepore del piumone.

Il mio profondo “senso per il ritardo” predomina anche questa volta e mi consente di arrivare a Cormons alle 9:25, esattamente cinque minuti prima della partenza.
Mollo la macchina e corro a ritirare il pettorale….provvedendo così al riscaldamento…. ehm….
Alle 9:30 sto spillando il pettorale….perfetto, in orario….accidenti lo sparo!! Grazie a Dio sono chino, non mi ha preso….
In una Piazza nella quale regna la desolazione inizio a correre….dalla parte opposta: per fortuna mi avvisano per tempo, dopo qualche centinaia di metri.
Finalmente dalla parte giusta, inizio a sorpassare gli ultimi partiti, che camminano.
La mattinata è molto ventosa, anche se uno splendido sole primaverile allontana decisamente i rigori invernali ed accarezza la pelle delicatamente.

Dopo circa quattro chilometri rettilinei si cambia direzione e si entra nel bosco, lasciando la strada asfaltata.


Si procede per circa cinque chilometri in un continuo saliscendi, con un breve tratto d’asfalto e nuovamente nel bosco.
Gli alberi sono ancora spogli e le ultime piogge hanno creato accumuli qua e là.



Le salite rompono il passo; riesco a raggiungere la coda del gruppo, famiglie con figli e passeggini impegnati nel percorso breve, comune per questa parte del percorso.
Al ristoro mi fermo poco, giusto il tempo necessario per agguantare un paio di biscotti ed un bicchiere di thè.



Giù a destra il paese di Cormons appare già ben sveglio e risplende in tutta la sua luce.



Riprendo deciso a correre in questo tratto in discesa, lasciandomi alle spalle i non agonisti e raggiungendo gli ultimi della competitiva.



Là in fondo si può scorgere la neve, sulle Alpi Giulie, mentre si attraversa il Bosco di Plessiva, splendida oasi naturale, procedendo decisi verso Nord.



Gli scorci che si susseguono sono notevoli: conosco abbastanza bene la zona, anche se non ci ho mai corso, e devo dire che passare di qua in questa stagione, quando la natura si sta risvegliando dal torpore invernale, è davvero molto bello.




Ripida discesa per attraversare la Strada Statale di Plessiva; altrettanto ripida, e, per fortuna, breve salita per tornare in quota.
Sono oltre la metà del percorso, ho raggiunto e superato molti trailer, alcuni dei quali particolarmente affaticati.
Scambio due parole con una coppia inglese, mentre un lungo rettilineo mi suggerisce di risparmiare il fiato per la corsa.



Cambio di direzione e brusca svolta verso Sud-Ovest, piccolo ristoro ed altra decisa salita.
- “A quanto siamo ??
- “Il mio Garmin segna 20 Km” – rispondo.
Questi due chilometri dritti sparati sono estenuanti e sembra di essere fermi….se non fosse per gli altri che mi corrono davanti, dandomi un riferimento spaziale in questo tratto “monodimensionale”, l’istinto sarebbe quello di fermarsi.


Tutto intorno i brulli filari mi guardano, silenziosi e contagiosi nella loro pigrizia.



Manca ormai poco; adesso si inizia a scendere, all'inizio su un pezzo asfaltato e poi ancora per sentieri.
Appena prima di entrare in paese, una lunga e melmosa discesa rovina la poesia che fin qua regnava, obbligando a camminare ai lati del sentiero, per quanto possibile, in un inutile tentativo di evitare il pediluvio.



Decisamente stanco, raggiungo un omone che poco prima mi aveva sorpassato, incitandomi, ed insieme percorriamo un centinaio di metri.



Il suo allungo finale però mi brucia e gli permette di tagliare il traguardo un secondo prima di me, che finisco in 2h 46’ 38”, nel pieno rispetto del ritmo che mi sono, mio malgrado, imposto.
Non resta altro da fare che bere qualcosa




prima di iniziare il solito bel mega-lavaggio


Alla prossima !!

 

venerdì 22 marzo 2013

CIAO, PIETRO


Quando qualcuno della nostra grande famiglia se ne va, i ricordi volano veloci e la mente ritorna all'adolescenza, ai suoi miti ed al tentativo di emularli.
Buone corse, Pietro !!
  

venerdì 25 gennaio 2013


 Lanaro Granfondo

  


  12^ edizione

Domenica 20 gennaio 2013


….ribattezzata “Lanaro Granfango”, visto e considerato l’ esagerata presenza di questo elemento, con passaggi degni della prova di ammissione nei Rangers, in Cambogia, lungo il Fiume Mekong.





Sabato pomeriggio ritiro il pettorale per me e per Davide, con il quale ho appuntamento alle 8:30 di Domenica, sotto casa.
C’è fila per il ritiro, mista di trailers e bikers, una cinquantina di persone, e ci sono due gocce di pioggia.
Aspettiamo tutti pazientemente, senza accennare segni di nervosismo, ed il mio pensiero va veloce a quando la fila devi farla davanti a qualche ufficio pubblico, o magari al Bancomat, oppure in altre occasioni, di certo meno piacevoli di questa.
Quelle volte ci si ammassa, volano parole grosse ed è inevitabile litigare con i soliti furbi che vogliono passarti davanti.
Qua invece, quattro e mezza del pomeriggio, imbrunire, umidità, un accenno di pioggia, ma nessuno sbraita.
In ordine sparso, non un parvenza di fila incolonnata, nessuno che spinge, ognuno, rispettoso dell’altro, sta al suo posto ed avanza solo quando deve farlo.
Non un ombrello aperto, non devi schivare le stecche di quello davanti a te che quasi ti entrano negli occhi e non devi spostarti perché le gocce d’acqua di quello dietro ti scendono giù per il collo.
Tutti girati, per vedersi di faccia e parlare sorridendo, senza curarsi se il proprio turno verrà rispettato: che siano un po’ speciali, gli sportivi??
Io voglio ancora crederlo, quella dello sport (quello vero, praticato, non quello da divano) è una delle poche oasi rimaste.

Domenica alla partenza non fa freddo, ci sono circa sei gradi, e sembra scongiurato il rischio di dover correre nella bufera.
Almeno per il  momento.
Mi sembra di essermi vestito “giusto”, un primo strato tecnico aderente (anche troppo), maglia tecnica a maniche lunghe, pantaloni a tre quarti, antivento, berretto e booster, che comincio ad apprezzare sempre più.
Ieri là in fila, mentre parlavo con Davide, trailer genovese, triestino d’adozione, che ho conosciuto sul  momento, stavo un po’ riconsiderando la mia partecipazione a questa gara.
Ieri gò fato la ciclabile in bici, xè neve zà a Pese” (sono stato ieri sulla ciclabile, già a Pese c’è neve); “Mi iero in circuito a Basoviza, xè tuto un ploc” (sono stato a Basovizza, è pieno di fango); “Son ‘ndà l’altroieri sul Lanaro, xè cinquanta centimetri de neve” (l'altroieri sul Monte Lanaro c' erano cinquanta centimetri di neve).
Questi erano i commenti che giravano, e pensando al mio stato di non-forma, ai soli 38 chilometri percorsi in tutto il mese di dicembre, ai 20 di gennaio….a quanto faticoso sia correre sul fondo pesante, valutando il passaggio per un pelo al cancello dell'anno scorso (ed ero discretamente allenato), al fatto che l’abbiano allungata di tre chilometri….ma non è che forse sto facendo la prima caxxata sportiva del 2013 ??


Comunque parto, tra mille ripensamenti: e che saranno mai 33 chilometri e 800 metri di dislivello positivo ?!?!


Arrivare a Mezzogiorno al cancello sa un pò di “missione impossibile”, sarebbe un vero sogno riuscirci; metto quindi in conto che potrei dovermi ritirare, prima o dopo il cancello.

Rimango con gli ultimi, non ho di certo una tabella di marcia da rispettare; tuttavia, nei giorni scorsi, mentre mi studiavo il tracciato, leggermente modificato nella sua seconda metà, ho calcolato che con un ritmo massimo di 7’/Km arriverei a Zolla di Monrupino, al cancello, alle 12:00.
In teoria dovrebbe essere abbastanza facile, proviamoci !!

Inizio a 6’ 30”/Km, passo che mantengo per tre chilometri.
Quasi senza rendermene conto sto però procedendo in modo non lineare, cercando a terra i tratti di ghiaino, per evitare i mucchietti di neve ghiacciata che cominciano ad apparire.
Qualche schizzo di neve sciolta comincia ad arrivare sulla tomaia delle scarpe ed avverto il freddo sulla parte superiore dei piedi.
Al quarto chilometro sono già oltre i 7’/Km, al quinto, al termine della Val Rosandra, addirittura oltre gli 8’/Km.

Fin qui una leggera e costante ascesa, ma ora inizia il primo vero impegno: la salita di circa un chilometro che porta a Pese, pendenza media del 13%.


Non si riesce ad evitare l’acqua che scorre veloce e che trasforma in pantano l’intero sentiero, i piedi sprofondano diventando improvvisamente fradici, completamente zuppi di acqua ghiacciata….bene, adesso non serve più preoccuparsi di evitare i tratti bagnati per rimanere asciutto, un pensiero in meno.
Inizia anche a piovere un po’.


Sono a 480 metri di quota, da qua in poi ci sono 8,5 Km di falsopiano, salendo i 470 metri del Monte dei Pini, e poi giù fino quasi al ventesimo chilometro, per raggiungere il punto di ristoro a quota 310 metri.


Al quattordicesimo chilometro raggiungo un gruppo intento in un ristoro “privato”, una decina di persone, che mentre passo salutando mi offre del cioccolato: “Grazie, molto gentili, ma non posso fermarmi, la mia prestazione ne risentirebbe….” - ironizzo.
Il gruppetto riparte praticamente mentre arrivo io e procediamo insieme per un paio di chilometri.
Sul tratto in discesa riesco a distanziarli, le discese sono davvero il mio forte, ma mi raggiungono appena il sentiero si inasprisce un po’.


Ci si ritrova tutti assieme al ristoro, con panettone e the (quasi) caldo.
Fin qua ho impiegato due ore e trentacinque, al ritmo medio di 7’ 52”/Km, decisamente oltre al limite che mi consentirebbe di passare il cancello; infatti sono le 11:50 e mancano quattro chilometri abbondanti…nemmeno volando…ma l’avevo già messo in preventivo.

Mentre mestamente sorseggio il the, annegando la tristezza del mio primo ritiro nella dolcezza del panettone, qualcuno nel gruppo chiede quanto manca al cancello.
Non ce la facciamo” – dichiaro io, cupo – “mancano dieci  minuti….
Non preoccupatevi” – rilancia il ragazzo del ristoro.
Abbiamo tenuto conto delle condizioni ambientali ed abbiamo spostato il cancello di mezz’ora, ce la fate !!
Ma che bel regalo !! Avanti così !!
Arriva il ventesimo chilometro, la distanza massima percorsa per me negli ultimi mesi, esattamente due settimane fa: per trovare una distanza superiore devo andare indietro fino ad Aprile 2012….
Eh sì, la mancanza di allenamento si sente, sono già discretamente stanco.
Dopo un paio di chilometri arrivo alla strada che conduce a Zolla, una lingua d’asfalto di due chilometri in costante salita che prova davvero la testa, oltre che il fisico.
La pioggia va e viene, ma adesso inizia a piovere sul serio e me la becco tutta, all’aperto, senza un albero sotto al quale nemmeno passare.
“L’incubo d’asfalto” finalmente finisce e alle 12:25 scollino, salutato da una voce senza volto che esce da un cappuccio giallo, sopra un poncho impermeabile ugualmente giallo, reso lucido dalla pioggia.
Ragazzi, che stanchezza !!

Dopo circa un chilometro, ad un improvvisato quanto provvidenziale ristoro, due giovani mi offrono del the (questa volta un po’ più tiepido….):
Se finisci questa puoi farti anche la Marathon des sables !!” – mi fa porgendomi il bicchiere.
Non fa per me, troppo caldo. Comunque, già che mi stuzzichi, ci penso….
Altro che caldo, qua comincio a sentire freddo, sono fradicio e durante i due chilometri di salita, rigorosamente al passo, ho ceduto tanta temperatura.
Intanto non smette di piovere, anzi, ogni tanto arriva uno scroscio più forte; ma fra un po’ si rientra finalmente tra i boschi, almeno potrò ripararmi un po’.
Al ventiseiesimo chilometro manco una svolta, ma per fortuna me ne accorgo già dopo un centinaio di metri: stavo infatti aspettando un cambio di direzione, il mio senso di orientamento mi comunicava una svolta a destra, verso nord, viceversa mi sarei trovato fuori zona.


Ormai da un chilometro è ricominciata la salita, decisa, e così sarà fino al traguardo.
Sento sempre di più la stanchezza, perché è sempre più forte la sensazione di freddo che provo, camminando in salita non riesco a scaldarmi.
Ho le mani colorate di un rosso vivo, ghiacciate (e mi sembrano anche un po’ gonfie….).
Ricordo di avere con me i guanti, nella tasca interna dell’antivento, e faccio per prenderli; no, inutile indossarli, sembrano due spugne zuppe.
Mi accorgo della bottiglietta d’acqua nella quale stamattina ho sciolto l’integratore, me ne stavo quasi dimenticando. Avevo ritardato di bere per lasciarmene di più verso la fine, ben sapendo che se fossi riuscito a passare il cancello ne avrei avuto bisogno.
Bevo camminando, schivando le pozzanghere, tanto ormai il tempo non importa più, ma voglio comunque arrivare alla fine.
Tiro fuori il cellulare per comunicare a casa che non vengano a prendermi, non voglio che prendano tutto questo freddo.
Con il confine a poche decine di metri di distanza, il roaming imperante e la batteria al 2% di carica (ho scoperto che il freddo la fa scaricare….) riesco a malapena a mandare un SMS, digitando a fatica sui tasti “state a casa, troverò un passaggio”.

Salita, stanchezza, fango, acqua….devo spesso fermarmi, le pulsazioni aumentano vertiginosamente….il Garmin segna 26 Km e 70; 26 e 90; 27 e 20….questo tratto nel bosco è interminabile, faticosissimo.
E’ una parte del sentiero n° 3 che dovrei identificare abbastanza bene, ma che in questa stagione sembra così diverso dal solito, irriconoscibile, mascherato dalla neve, a tratti nascosto dalla nebbia.
Poco prima del ventottesimo chilometro ci sono seicento metri di discesa, la manna dal cielo !!
Riaccenno una timida parvenza di corsa, irrigidito dal freddo ed appesantito dalla fatica, ma dura poco, perché la salita riappare, in tutta la sua durezza.
Se qua all'incrocio prendo giù a sinistra, in un quarto d’ora sono al parcheggio, magari trovo qualcuno che mi dà un passaggio….beh, dopo quattro ore e due minuti in queste condizioni potrei anche farlo….” – penso.


NON ESISTE !!” – tuona lo sportivo che c’è in me, facendomi girare la testa dall’altra parte.

Ancora cinque interminabili chilometri, per fortuna su un terreno migliore, ma con ancora fango, pioggia, nebbia e tanto freddo, acuito dal corpo ormai completamente bagnato e dalla quota, che via via aumenta.
Incontro gente con il pettorale che scende, con in mano il sacco con il cambio, lasciato alla partenza e portato in cima dall’Organizzazione. E’ evidente che in queste condizioni è inutile cambiarsi, perché a farsi i quattro chilometri fino al parcheggio ci si sporcherebbe di nuovo.
Trentesimo chilometro, il Garmin mi comunica che sono a tre chilometri dalla fine.
E’ sempre più dura, adesso faccio fatica anche a mettere un piede davanti all’altro per camminare, a volte perdo l’equilibrio.
Estraggo dal giubbotto una barretta che si rivela dolciastra, mielosa e che fatico quasi a masticare a causa del viso “anestetizzato” dal freddo, ma che mi farà senz’altro bene (93 Kcal): il suo nome, “Fitness”, è sinonimo di garanzia (o di ironia ??).
Forza, ormai è fatta, ci sono, vedo finalmente le tende sferzate dal forte vento !!
Alle 13:58 raggiungo l’arrivo, a 544 metri di quota, dopo 4 ore e 43 minuti dalla partenza.


Dalla prima tenda esce un “BRAVO !!
Realizzo che all’interno siede un intirizzito cronometrista, davanti a due computer portatili, e mi apro la zip dell’antivento per mostrare il pettorale ed ufficializzare così il mio arrivo.
Riconferma il “BRAVO !!”, anche se io, sgomento, gli faccio notare che ho impiegato quasi un’ora più dell’anno scorso e che magari sono stati più bravi quelli che oggi se ne sono rimasti a letto, sotto il piumone.
Quelli li hai già battuti alla partenza” – fa lui – “così come hai battuto quelli che si sono ritirati e quelli che devono ancora arrivare !!
Incredulo lo ringrazio, più per cortesia e per la fretta di entrare a ripararmi sotto l’altra tenda, riscaldata, che per vera convinzione.
All’interno dei sei metri quadrati altri, al pari mio, pazzoidi, tanti “eschimesi” attorno alla stufa, a mangiare e bere, raggomitolati come gatti attorno al termosifone.
I tre panini, la birra e quella manciata di gradi sopra lo zero mi rimettono in sesto, ma non so per quanto ancora avrei potuto continuare.

A costo di autoincensarmi, devo dire che in questa occasione mi sono proprio piaciuto, e, per dirla proprio tutta, mi è piaciuta la tenacia e la determinazione con la quale ho portato a termine la prova, a fronte anche della mancanza totale di allenamento.
In ogni caso il “BRAVI !!” va anche a tutti gli altri che, al pari mio, hanno portato a termine quella che dalla stessa Organizzazione è stata definita come la più dura delle edizioni finora svolte, non dimenticando gli sforzi organizzativi e le fatiche dei volontari, con il Gruppo Vulkan all’altezza come sempre.
Cosa mi rimarrà di questa gara, che è stata una prova “mentale” più che fisica ?
Una grandissima soddisfazione, un sentirsi “più forte” ed una rinnovata voglia di correre, ma soprattutto….

tantissima roba da lavare.