26^ Maratona di Venezia
Domenica 23 ottobre 2011
Cronaca di un crollo controllato
tic tac tic
tac tic tac tic tac….“Questo qua mi tiene sveglio tutta la notte” – meditavo,
mentre invece per fortuna il signor Morfeo mi stava accogliendo tra le sue
braccia.
L’ultima volta prima di addormentarmi l’ho sentito a
mezzanotte, per ritrovarlo puntuale come solo lui sa esserlo qualche ora dopo,
alle 4:45, quando mi sono bruscamente destato per accendere il cellulare che
temevo non avesse suonato per svegliarmi all’ora stabilita.
E’ troppo presto, ma di riaddormentarsi
non se ne parla proprio….almeno fino a due minuti prima delle 6:00, con la
sgradevole grattata della vibrazione sulla sedia di legno, dove il telefono è
adagiato, che mi sveglia di soprassalto.
Poche ore ma buone, quando mi
alzo l’organismo funziona a dovere ed il liquido corporeo di colore rosso inizia a circolare
con la dovuta pressione negli organi vitali.
Mentre ultimo la “vestizione
dell’atleta” chiudendo la lampo della tuta, entra Fabio, che occupava un’altra
stanza del B&B; sottovoce per non svegliare orza e orzetto prepariamo la
moka, il latte, i biscotti e la marmellata.
Ebbene sì, contrariamente a
quanto preventivato
ci sono ricascato, il percorso della Maratona di Venezia è troppo bello ed
unico al mondo per non approfittarne !!
E c’è stata anche la premeditazione, non lo nego: anche quest’anno tabella
iniziata a metà giugno, cercando di dimenticare in toto i mesi di marzo
e aprile .
E per dire la verità tutto
procedeva secondo i piani, con la parte di qualità del programma seguita come
da manuale….ma quando, in agosto, si è presentato il momento di aumentare le
distanze, beh, allora il discorso è cambiato, e di molto.
Gli allenamenti di due intere
settimane saltati a piè pari; tre lunghi tagliati per “sopravvenute cause di
forza maggiore”, concretizzatesi nelle proibitive temperature africane; un unico
30K corso (e per fortuna bene) approfittando del temporale in arrivo e concluso
fra sudore e pioggia.
Il 2 ottobre mi gioco il
jolly, cercando di rimediare in qualche modo alla scarsità di chilometri
nell’allenamento….sarà servito ??
Un’ottima prima ed una pessima
seconda parte della preparazione….e quindi ?? la partenza da Strà il 23 ottobre
è fuori discussione, ma come arriverò a Venezia ??
Dopo la prima settimana di
ottobre le temperature sono per fortuna rientrate nella normalità della
stagione, le previsioni per il giorno della Maratona indicano tempo sereno e
possibilità di vento, in un periodo dell’anno nel quale i 5°-6° del mattino
fanno battere i denti.
Il classico abbigliamento da
“runner pre-partenza” è quindi d’obbligo e mi organizzo di conseguenza,
“sacrificando” il solito sacco delle immondizie ed un paio di vecchi calzettoni
del servizio militare.
Inutilmente, perché quando a
Strà scendiamo dal pullman quella che si preannuncia è una bellissima giornata,
con le prime strisce rosse del sole che colorano il cielo dietro le Dolomiti ed
un’atmosfera piacevolmente secca che allontana il ricordo della bruma dell’anno
scorso.
I minuti che precedono la
partenza trascorrono, come al solito, tra dichiarazioni di intenti, scelta di
compagni d’avventura e previsioni meteorologiche.
Mantengo l’abbigliamento estivo
perché non sono previste precipitazioni ed è annunciato solo un po’ di vento
verso la tarda mattinata e, dopo aver lasciato il sacco con la tuta ed il
ricambio nel camion diretto a Venezia, entro in gabbia.
Nonostante la preparazione
deficitaria, sono d’accordo con Davide di tentare l’attacco al muro delle 4 ore
(….illuso….), anche Paolo sarà dei nostri; con noi c’è anche Carlo, con un PB
già sotto i 240 minuti da migliorare, e due suoi amici.
Si parte, mi sento proprio bene
!!
Il sole comincia a scaldare e
dopo il solito marasma dei primi chilometri per schivare top runners falsamente
autodichiaratisi nell’intento di guadagnare posizioni in griglia di partenza,
il ritmo si assesta sulla velocità di crociera, tra i 5’ 35” e i 5’ 40”/Km.
Il mio passo è simile a quello di
Carlo, ingegnere di nome e di fatto, che si è stampato una pocket-tabella che
consulta ad ogni chilometro e che ci permette di mantenere la media, mentre gli
altri quattro del gruppo “vanno e vengono”.
- “Carlo, 5’ 30”/Km, siamo troppo veloci !!”
- “Sì, rallentiamo un po’….”
- “Nick, 5’ 28”/Km, corriamo
troppo, dobbiamo imporci !!”
- “OK Carlo….”
e così via, con una punta di 5’
23” per percorrere il 12° chilometro, il più veloce della gara.
Ma mi sento proprio bene, le
gambe girano senza fatica; ho chiaro in testa l’obiettivo e sto gestendo al
meglio le energie, senza nessun problema, sento che ce la sto facendo e penso
intensamente alla seconda parte del percorso, ansioso di arrivarci.
Pur con una temperatura di 6°
riesco a sudare, tra le risatine dei “colleghi”.
Verso il 18° avverto un
improvviso calo di potenza, accompagnato da un leggero dolore muscolare che si
diffonde dalla zona basso renale-inizio chiappa e percorre tutta la gamba fino
al polpaccio, allargandosi davanti anche al quadricipite.
Le gambe diventano via via sempre
più rigide e ciò mi costringe a rallentare, mi sembra di avere due pezzi di
legno, non riesco più a spingere.
Ragiono ed attribuisco il tutto
ad un qualche calo di zuccheri, o comunque al bisogno di mangiare qualcosa;
strano, per quattro giorni mi sono fatto pasta per pranzo e per cena, le scorte
di glicogeno nel fegato dovrebbero essere al massimo, come confermato dagli
spaghetti che ormai mi escono dalle orecchie….
Decido quindi di anticipare il
gel che di solito prendo al passaggio della Mezza, nella speranza che la
sensazione di pesantezza alle gambe diminuisca….no, non è per questo, il gel
non mi dà alcun giovamento.
Mentre Carlo si fa ad ogni passo
più lontano io concludo il 18° in 5’ 42”: lui ha nel mirino i pacer delle 4
ore, si gira e gli grido “VAI !!”
Con uno spropositato impegno
riesco a correre il 19° in 5’ 37”, ma le gambe non rispondono più e nei
successivi chilometri la mia andatura crolla tra i 5’ 50” ed i 6’/Km.
Gambe andate, e con loro i miei sogni di gloria !!
Attorno al 20° chilometro inizia
a soffiare il vento, per dire la verità non ancora freddo, anzi, mi asciuga il
sudore ed è piacevole.
Anche se riesco a passare alla
Mezza sotto le due ore, l' espressione negative split non ha ancora per me
alcun significato tecnico-sportivo, e capisco che il muro delle 4 ore finali è
destinato a rimanere ancora invalicabile.
Consapevole di ciò, me ne faccio
una ragione e continuo, godendomi il calore del pubblico e le bellezze dei
luoghi attraversati, cercando comunque la migliore prestazione possibile.
Al ristoro del 25° sostituisco
l’acqua con i sali e mangio due pezzi di banana.
Il sole se ne va dietro le nuvole
ed il leggero venticello si fa sempre più deciso, abbassando la temperatura:
adesso la sensazione di freddo si percepisce perché il sudore rimane addosso e
l’aria lo raffredda.
Le gambe sono sempre rigide e
ingestibili, adesso ancora più di prima perché non riesco proprio a riscaldarle con
il movimento: nei brevi tratti di discesa del sottopassaggio di Mestre e del
parco di S. Giuliano provo a rilassarle ed a scendere senza spingere, buttando
i talloni in avanti, ma è ancora peggio, i polpacci mi "tirano".
Al ristoro del 30° mi fermo per
mangiare e bere, e ne approfitto per alleggerire un po’ le gambe, il disagio
che avverto è troppo forte.
Adesso l’aria è quasi fredda.
Bevo un bicchiere di sali e
mangio di nuovo un paio di pezzi di banana….fredda, è molto fredda, non la devo
inghiottire subito, potrebbe farmi male allo stomaco.
Ancora due spicchi di mela ed un
altro bicchiere….vado.
Cerco di autoconvincermi che sto
bene, ma serve a poco, le gambe non accennano a partecipare alla mia gioia.
Sono comunque fiducioso, non mi
sento debole e sento di riuscire ad arrivare alla fine, bene o male ce la farò.
A smontare il mio entusiasmo ci
pensano i pacer delle 4 ore e 15, che con il loro codazzo di seguaci mi passano
allegramente, senza degnarmi di uno sguardo.
“Da qua in poi è solo questione
di testa” – fa l’uomo dei palloncini a quelli che lo seguono….
“Ah sì ?? davvero ??” – penso io
tra me e me….
Lungo il Ponte della Libertà le
gambe sono talmente rigide che in un paio di punti non le sento e devo
camminare per qualche decina di metri.
Sono infastidito perché la forza
non mi manca, ma non riesco ad applicarla agli arti inferiori, rigidi e
insensibili agli stimoli che invio loro.
Mi tornano in mente le ultime
settimane della preparazione, le prove sul passo da tenere in gara ed i test
per stabilire quale avrebbe potuto essere il tempo finale, fatti quasi a voler
esorcizzare l’incognita che inevitabilmente accompagna sempre questa avventura.
Penso all’anno scorso quando, con
lo sguardo basso ed una volontà che mi faceva volare, ho percorso questi
quattro chilometri senza star tanto a pensarci su, vedendo gli altri in difficoltà
e traendone quasi uno stimolo a continuare.
Anche quest’oggi c’è tanta gente
in difficoltà, ma per me non è proprio come un anno fa, oggi procedo a fatica.
Arrivo al ristoro dei 35
chilometri, ma decido di proseguire senza fermarmi, non ho bisogno di bere né
di mangiare, voglio solo arrivare prima possibile al traguardo.
Apro anche il secondo gel,
circostanza mai avvenuta nelle altre Maratone che ho corso, ma oggi senza un
ulteriore supplemento di energia non ce la faccio, voglio correre da adesso
fino alla fine senza fermarmi.
Arrivo alla salitella del 37°
chilometro, con la quale il ponte si conclude (e io avrei corso su questa
salita anche l’anno scorso ??); qua ad incoraggiarmi ci sono quei pazzi degli
amici del Forum, che dispensano grida, scampanellate e manate sulle spalle a
tutti i passanti, con un trattamento di riguardo per gli utenti del suddetto
Forum.
Da un paio di chilometri la
stanchezza ha preso il sopravvento e cerco di centellinare ogni movimento,
eliminando il superfluo.
Ne fanno un po’ le spese
Floriana, Marcello e Riccardo, gli amici del 37°, ai quali riesco a rivolgere
unicamente uno sguardo, un cenno con la mano e mezzo sorriso.
Ormai sono alle porte di Venezia,
nella zona portuale, il ponte è alle spalle.
Tiro dritto anche al ristoro del
40° chilometro, non sento di avere bisogno di nutrirmi, anzi, se non fosse per
la rigidità alle gambe potrei dire di stare bene, con la sola presenza della
stanchezza di chi corre da ormai più di quattro ore.
Davanti a me si profila il primo
dei quattordici ponti che chiudono il percorso, gioia e dolore dei
partecipanti.
“Ghe semo” (“ci siamo”, per i non triveneti) – faccio, guardando il
runner che ho accanto, mentre lui nella sua lingua probabilmente mi sta dicendo
la stessa cosa con lo stesso sorriso ironico, a metà tra lo sconforto e la
gioia di essere arrivato alle mosse finali.
Non va, quest’anno non va: l’anno
scorso li dominavo, i ponti, saltavo in salita pieno di energia e scendevo con
decisione dall’altra parte; quest’anno li subisco, non riesco ad affrontarli
con risolutezza e la parte in discesa quasi mi spaventa.
Nemmeno il ponte di barche sul
Canal Grande, che un anno fa mi sono tanto divertito a percorrere, riesce a
procurarmi piacere.
Si entra adesso in Piazza S.
Marco, quasi a compiere un giro d’onore tra gli applausi della tanta gente
dietro le transenne.
Vedo che orza e orzetto sono ad
aspettarmi e ad incitarmi all’ingresso in Piazza; un po’ lo speravo, anche se
non sapevo esattamente dove li avrei trovati e per questo mi sono imposto di
correre senza fermarmi gli ultimi chilometri.
La scossa che il sorrisone di
orzetto e le grida di orza mi provocano è un’ iniezione di energia che nemmeno
una doppia dose di gel endovena riuscirebbe a procurarmi !!
Esco dalla Piazza e mi blocco per
baciare mio figlio, noncurante dei pacer delle 4 ore e 30 che stanno arrivando:
due baci, uno di qua e uno di là, GRAZIE !! papà ce l’ha quasi fatta !!
E’ come a Trieste,
la mia prima Maratona: anche là avevo pochi chilometri sulle gambe, anche là ho
sofferto.
A Trieste mancavano ancora due
chilometri, qua un po’ meno, ma ci sono ancora sette ponti fra me ed il
traguardo.
Adesso vado deciso e riesco ad
accelerare, questa volta quelli delle 4 ore e 30 non mi prendono !!
Posso già sentire lo speaker
all’arrivo, passo gli ultimi ponti senza esitazione, faticando ma deciso, uno
dopo l’altro....non mi fermo....allungo….allungo….
il cronometro sul traguardo mi dà
ragione…ce la faccio…ce la faccio....ce l’ho fatta !!
Passo la linea del traguardo
quando il display indica 4 ore e 29, real time 4h 25’ 10".
Ma sto in piedi a fatica, non
sento più le gambe.
La medaglia….camminando a stento
arrivo al deposito delle sacche e ritiro la mia….ho bisogno di sedermi, ma non
posso ancora rilassarmi, non c’è spazio….c’è tanta gente, voglio fermarmi da
qualche parte….devo salire ancora un ponte per arrivare al giardino….finalmente
trovo un posto, su una pila di panche, accatastate l’una sull’altra,
chiuse….non fa niente, mi fermo qua,
non ce la faccio più !!
Questa è la Maratona, quattro
mesi di sacrifici, sforzi e rinunce; si soffre, si gioisce, si sta male, si
sogna.
Ci si impone un traguardo e si fa
di tutto per arrivarci, armati solo della propria volontà quando anche la
ragione lo vieterebbe, consapevoli che sarebbe sufficiente un banale
raffreddore per rovinare tutto.
Questa è la Maratona, è la
Regina, comanda Lei: crea imprevisti o asseconda il tuo stato fisico, ma alla
fine decide Lei se e come finirai.
Questa è la Maratona, un viaggio
lungo 42,195 Km, ma prima ancora un viaggio dentro a se stessi, una prova di
forza che dura quattro mesi e dei quali la gara è solo l'attimo finale.
Questa è la Maratona, non
perdona, ma a noi piace che sia così, difficile, ostica, scontrosa,
imprevedibile: la si ama o la si odia.
Questa è la Maratona, e mi
commuove sempre, anche questa volta quando, seduto nell’attesa che le forze
ritornino, un fremito mi percorre la nuca e la voglia di piangere mi
assale con un singhiozzo.
E adesso ho capito chi c’è ogni volta con me in quei momenti: ciao Mamma
!!
NOTA PER I MIEI LETTORI:
Il montaggio del filmato richiede ancora un pò di tempo, ripassate fra qualche giorno per vederlo !!